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Tirocini clinici e di laboratorio nei corsi di medicina: tra criticità quotidiane e modelli che funzionano

Nella formazione medica, il tirocinio rappresenta un passaggio cruciale: è il momento in cui lo studente passa dalla teoria alla pratica, dalla comprensione dei processi fisiopatologici alla partecipazione attiva nella cura dei pazienti. L’organizzazione di queste attività presenta sia esempi virtuosi sia difficoltà strutturali, che influenzano in modo rilevante la qualità dell’apprendimento. La sfida è quella di rendere questa esperienza realmente formativa, nonostante le difficoltà organizzative, le disomogeneità tra le sedi e i vincoli imposti da risorse spesso limitate.

Con l’evoluzione della medicina e delle tecnologie sanitarie, l’attività di tirocinio non può essere considerata solo un requisito per ottenere crediti formativi. Deve diventare una vera esperienza immersiva, utile per comprendere la complessità del “sistema salute” e acquisire le competenze necessarie a esercitare con responsabilità la professione medica

In particolare, le strutture Ospedaliere e i laboratori Universitari accolgono ogni anno centinaia di studenti dai diversi corsi di laurea in medicina, con un carico organizzativo che impone una pianificazione rigorosa.

Un tirocinio efficace si fonda su un’organizzazione chiara e coerente. L’assegnazione degli studenti alle strutture deve tenere conto delle disponibilità dei reparti e dei laboratori, degli obiettivi formativi specifici e, ove possibile, delle preferenze degli studenti. È fondamentale che ogni studente venga inserito in un contesto dove siano presenti tutor formati e disponibili a guidarlo nel percorso. I piani orari e i turni devono essere definiti in anticipo, in accordo con le esigenze delle strutture ospitanti e del calendario accademico. Questo permette di distribuire in modo equilibrato il carico formativo e garantire un’esperienza continuativa e non frammentata.

In questo contesto, è necessaria una figura di tramite che garantisca la coerenza tra gli obiettivi del corso di laurea e le esperienze di tirocinio, che collabori con i referenti delle strutture, organizzi briefing informativi e risolva eventuali criticità organizzative. Allo stesso modo, deve essere sempre presente la figura del tutor, che accompagna lo studente nel percorso quotidiano, fungendo da guida, esempio e punto di riferimento per dubbi o approfondimenti.

Dove il tirocinio funziona: elementi di buona pratica

Ci sono contesti in cui il tirocinio risulta altamente formativo. Alcuni reparti ospedalieri offrono agli studenti una programmazione chiara, con obiettivi didattici specifici, tutor motivati e un coinvolgimento attivo nelle attività cliniche quotidiane. In questi contesti, lo studente non si limita ad osservare passivamente, ma viene guidato nella raccolta dell’anamnesi, nella valutazione clinica, nella partecipazione a discussioni multidisciplinari e, quando possibile, in semplici manovre diagnostiche o terapeutiche.

Anche sul versante laboratoristico esistono buone pratiche: nei laboratori di anatomia patologica, microbiologia o biologia molecolare, alcuni percorsi di tirocinio permettono allo studente di osservare direttamente le fasi analitiche, confrontarsi con i tecnici e con il personale docente, sviluppare una comprensione concreta della relazione tra il dato di laboratorio e il quadro clinico.

La presenza di tutor dedicati, che vedono nella formazione parte integrante del proprio ruolo professionale, fa una differenza sostanziale. Laddove il tutoraggio è ben strutturato, gli studenti percepiscono un netto miglioramento nella qualità dell’esperienza.

Le criticità ricorrenti: disomogeneità e passività

Non mancano però le criticità: molti studenti segnalano ancora oggi esperienze poco gratificanti o scarsamente formative. Un problema rilevante è la disomogeneità tra le sedi: non tutti i reparti ospedalieri o i laboratori offrono lo stesso livello di accoglienza e di coinvolgimento per gli studenti. Spesso le assegnazioni avvengono in modo automatico, senza un reale matching tra le preferenze dello studente, il carico di lavoro delle strutture e gli obiettivi formativi.

Un altro nodo critico è rappresentato dalla passività dell’esperienza: in assenza di compiti chiari o di una figura di riferimento, lo studente rischia di rimanere un osservatore silenzioso. Nei laboratori, senza una guida dedicata, l’esperienza si riduce a una visita fugace, mentre nei reparti, il sovraccarico assistenziale del personale rende difficile trovare il tempo da dedicare alla didattica.

A questo si aggiunge la mancanza di strumenti per valutare in modo oggettivo l’apprendimento: molte attività non vengono tracciate, e spesso manca un momento strutturato di feedback finale. Il rischio è che l’esperienza formativa venga percepita come un adempimento burocratico più che come una reale opportunità di crescita.

Come migliorare: coordinamento, strumenti e innovazione

Rendere l’attività di tirocinio più efficace non richiede necessariamente grandi investimenti, ma piuttosto una visione condivisa e alcuni strumenti chiave.

Il primo elemento è un coordinamento centrale efficace, in grado di pianificare le rotazioni, monitorare il carico delle strutture e garantire equità di accesso. Alcune università, stanno adottando piattaforme digitali per la gestione dei turni di tirocinio e la raccolta strutturata di feedback da parte degli studenti. Questi strumenti digitali consentono non solo una programmazione più efficiente e trasparente, ma anche un monitoraggio continuo delle attività formative, facilitando l’individuazione di criticità e il miglioramento dei percorsi formativi.

Il secondo punto riguarda la formazione e il riconoscimento dei tutor: investire nella preparazione didattica dei professionisti sanitari coinvolti nella formazione è cruciale. Un tutor formato sa come coinvolgere lo studente, assegnargli responsabilità crescenti e valutare le sue competenze in modo costruttivo.

Terzo elemento è l’uso della simulazione clinica e laboratoristica: nei periodi in cui l’accesso alle strutture è limitato, o per integrare competenze tecniche specifiche, i centri di simulazione rappresentano una risorsa didattica di grande valore. Non si tratta di un semplice ripiego, ma di un’opportunità per apprendere in un ambiente controllato, dove l’errore ha una valenza formativa e non clinica. Diverse università stanno investendo su questi strumenti: l’Università Sapienza e l’Università di Tor Vergata hanno allestito centri avanzati di simulazione con manichini ad alta fedeltà e moduli dedicati alla gestione dell’urgenza; il Campus Bio-Medico propone percorsi integrati che affiancano la simulazione alla pratica clinica precoce. L’Università Europea di Roma (UER), più recentemente, ha introdotto moduli di simulazione interprofessionale, in collaborazione con le realtà cliniche locali, per favorire l’apprendimento collaborativo e la comunicazione tra professionisti. Inoltre l’UER, si prepara ad aprire un proprio centro di simulazione avanzata, destinato sia alla formazione degli studenti di medicina sia all’aggiornamento continuo del personale sanitario, rafforzando così il proprio impegno verso una didattica innovativa e interdisciplinare.

I riscontri da parte degli studenti a questo nuovo approccio sono molto positivi, soprattutto in termini di maggiore sicurezza, padronanza delle tecniche di base e capacità di affrontare situazioni complesse. Anche i docenti riconoscono il valore della simulazione come strumento di preparazione mirata prima del tirocinio vero e proprio, riducendo il gap tra aula e corsia.

Da ultimo, per migliorare l’esperienza di tirocinio sarebbe utile introdurre un sistema di valutazione continua: ad esempio, un logbook digitale dove lo studente possa registrare le attività svolte, ricevere feedback sintetici e riflettere sul proprio percorso, contribuirebbe a rendere il tirocinio più consapevole e orientato agli obiettivi.

Tirocinio come investimento per il sistema salute

Il tirocinio clinico e di laboratorio non è solo un passaggio obbligato nel percorso universitario: è una palestra fondamentale per formare professionisti capaci di affrontare con competenza e responsabilità le sfide del sistema sanitario. Migliorarne la qualità significa investire non solo nella formazione, ma nella qualità dell’assistenza sanitaria del futuro.

Le potenzialità sono elevate: esistono centri di eccellenza, professionisti motivati e studenti preparati. Occorre però creare le condizioni affinché queste risorse si incontrino in modo sistematico, con strumenti adeguati, modelli organizzativi chiari e una cultura della formazione che valorizzi il tirocinio come momento fondante della professione medica.

In definitiva, fare bene il tirocinio non è solo un diritto dello studente, ma una responsabilità condivisa da tutto il sistema formativo e sanitario.

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